mercoledì 8 gennaio 2014

La Lombardia che fa l'occhiolino al business della guerra: in nome dei lavoratori

Ieri il Consiglio Regionale della Lombardia ha approvato come urgente una mozione (qui il testo) per iniziative volte a snellire la burocrazia per l'esportazione di armi. Si, avete capito bene. Sono queste le nostre urgenze per il rilancio dell'economia e dell'occupazione (testuale dalla mozione).

Mozione di cui ci piace soprattutto la frase: grazie alla ripresa dei mercati americano, brasiliano e sudafricano oltre ai tradizionali bacini europei. Presentata dal leghista Fabio Rolfi (ex vice-sindaco di Brescia), e approvata dalla maggioranza con un aiutino: quello del consigliere PD Corrado Tomasi, la cui motivazione di voto (in dissenso con il proprio partito) sarebbe la necessità di sburocratizzare le norme per le imprese.  Ah si?

Dice invece Lucia Castellano: nel dibattito sulla mozione leghista che chiede di ammorbidire i vincoli dell'Ue per l'export di armi, ho trovato davvero surreali i tentativi dei sottoscrittori di giustificare un documento per noi irricevibile insistendo su improbabili distinzioni tra fucili da caccia o pistole per la difesa personale e strumenti di guerra. Non ci sono armi buone e armi cattive. Le armi sparano, feriscono, uccidono. E io sono assolutamente contraria a qualsivoglia allentamento dei controlli su questo commercio. Controlli che andrebbero, semmai, intensificati. Non è certo così, peraltro, che si tutelano l'occupazione e i lavoratori. 

Già. Siamo in grado di riconoscere i rischi che ci sono dietro a certe politiche di "allentamento". Non crediamo proprio che si possano mandare avanti i lavoratori per giustificare scelte di questo tipo. E facciamo nostre alcune osservazioni che riassumiamo di seguito:
• 1. Nel 1994 la Lombardia si era dotata di una legge per la riconversione delle industrie belliche, rimasta per molti versi lettera morta. Perché non riprendere in esame quella? "si potrebbe aggiornare per dare", dice Fabio Pizzul, "strumenti di innovazione per le imprese che non dovessero avere più le caratteristiche per stare su un mercato che, per forza di cose, dovrà essere più regolato e trasparente".
• 2. Negli ultimi anni è aumentata l'esportazioni di armi italiane in aree di crisi, in cui operano anche ribelli o dittatori sanguinari; il che suggerisce semmai obiettivi di maggior trasparenza e rigore nel commercio degli armamenti. 
• 3. Ultimo, e non meno importante: se proprio dobbiamo parlare di lavoratori, chi produce nel settore armiero in Lombardia ha il diritto di poterlo fare con tutte le garanzie relative alla destinazione legale delle armi che produce. 
Alla luce di tutto questo, è accettabile invocare una maggiore deregolamentazione del settore delle armi? No, non lo è. Certe scelte possono invocare qualunque principio, ma non la "soluzione di problemi per il bene comune". 
Questo atto del Consiglio Regionale è una decisione giudicata grave da chi combatte da anni per la riduzione delle armi, ma che chiunque abbia un cervello non accecato da interessi personali può tranquillamente definire gravissima: se non altro sul piano culturale. Come le mucillagini sono indicatori dell'inquinamento ipertrofico del mare, certe notizie sono indicatori del  livello di degrado dei valori rappresentati in politica.
E se la politica non rappresenta più nessuno - tranne interessi privati, ormai chisseneimporta?


1 commento:

  1. sono senza parole e ringrazio per l'articolo e per i link
    Rosa

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