lunedì 17 febbraio 2014

Per un bilancio delle donne sull’operato della Giunta Pisapia: dal primo incontro pubblico a Milano

Documentiamo qui il primo incontro milanese di un progetto che ha, però, un respiro nazionale essendo sviluppato in parallelo anche in altre città [altri riscontri qui per il primo incontro a Torino, e qui alcune riflessioni da Genova]. 
Lo scopo è rendere pubbliche le premesse di un lavoro nato da un’esigenza diffusa e che ci riguarda tutte; ma vogliamo, al tempo stesso, fornire  elementi alle donne che devono ancora decidere se partecipare con i loro contributi.
Questa nota, non esaustiva, propone una sintesi di quanto detto a Milano il 12 febbraio, con alcune osservazioni fatte dalle donne presenti (evidenziate in corsivo). 

Era presente Laura Cima (che da Torino ha lanciato il progetto nazionale) la quale, in apertura dell’incontro, ha spiegato come la proposta abbia radici anche nella 3 giorni di discussione già avviata ad “Altradimora” nel 2013 (per iniziativa di Monica Lanfranco) sul tema Politica: sostantivo femminile. Un tema sollecitato dalla constatazione di meccanismi di esclusione delle donne verificati l'anno precedente, durante la prima candidatura italiana di una donna alle primarie del Centrosinistra. 
Il tema non è certo nuovo, ma si tratta ora di applicarlo a qualcosa di molto concreto, che abbiamo visto realizzato nei nostri territori e da cui ci aspettavamo moltissimo: il 50e50 in amministrazioni che potevano (potrebbero) avere un ruolo innovativo, se non rivoluzionario.
Il successo elettorale dell’attuale sindaco di Milano ha trainato altre città, soprannominate anch’esse "arancioni". Decisivo è stato l'apporto femminile, e la formazione di giunte 50e50 è l'aspetto più appariscente che ne è scaturito.  
Cosa possiamo oggi riconoscere in termini di risultati, e cosa porre all'attenzione critica?
PRIMI SPUNTI E CRITICITA' EMERSE
Dall'esperienza su Milano al più generale rapporto fra donne e politica
Poiché le devastate condizioni delle finanze pubbliche hanno giustificato la rinuncia a un Assessorato alle Pari Opportunità, il nuovo Sindaco, come a compensare l’assenza di questo istituto, ne ha preso in carico in prima persona il tema offrendo alle donne una figura diriferimento dedicata, priva di risorse economiche ma da lui delegata a rappresentarlo con associazioni e attiviste. Dunque un tramite di rapporto privilegiato? secondo l'esperienza di molte nel tempo ha prodotto non maggiore comunicazione, ma un effetto-schermo.
Molte aspettative erano nate intorno al progetto dei “tavoli tematici” (avviati per iniziativa della Presidente della Commissione Pari Opportunità).
Ma l’atteso meccanismo di compartecipazione creativa fra amministrazione e partecipanti si è in parte inceppato.
Nadia Boaretto precisa che il “TavoloSpazi” ha condotto alla nascita della Casa delle Donne (ma si era dato l'obiettivo di moltiplicare nel tempo le iniziative in altri spazi da individuare a Milano). Il “Tavolo Salute”, dal canto suo, sta procedendo con progetti legati ai consultori e alla conversione della Caserma Perrucchetti in un'articolata struttura con vocazione agroalimentare (progetto del gruppo delle Giardiniere).
Francesca  Amonima per quanto si sia deciso di non sciogliere il Tavolo Spazi, è da molto che le riunioni sono sospese e il proposito non é andato avanti. Molte delle donne che vi avevano partecipato attivamente sono diventate le socie fondatrici dell'Associazione "Casa delle Donne di Milano", mentre (a oggi) si è perso il collegamento collettivo e relativo work in progress.
Le promesse elettorali per ora  sono state disattese: il bilancio di genere, ad esempio, prefigurato con grande enfatizzazione in campagna elettorale, nei fatti non è stato messo a punto né sono stati dati aggiornamenti sullo stato di avanzamento del progetto. Un altro tema riguardava l'avviare azioni proattive nei confronti delle donne immigrate, che più degli uomini potrebbero avere un ruolo progressivo nelle rispettive comunità. Per dare loro strumenti di emancipazione e integrazione, ma anche chances di partecipazione per bilanciare, fra le altre cose, un rapporto istituzionale rivolto, nel caso delicato delle comunità musulmane, esclusivamente a uomini e per di più religiosi. Su questo non ci sono state azioni, né risposte a sollecitazioni dirette alla Delegata del Sindaco. Questi alcuni elementi su cui, in vista di elaborare un primo bilancio, le donne presenti si dimostrano critiche.
Antonella Coccia sottopone il tema della differenza fra donne elette e donne cooptate, e di quale effetto abbia avuto sulle liste 50e50. Inoltre quello delle competenze: Ho l’impressione che, se gli uomini vengono scelti per l’esperienza politica, le donne vengono scelte in base alle competenze professionali. Come mai questa differenza? Inoltre, oltre a quelle professionali, esistono appunto anche le competenze politiche. Da un punto di vista femminile mi chiedo: quali competenze politiche, come donne, dovremmo richiedere alle donne? Nella nostra relazione con questa Giunta ci sono stati i tavoli tematici, ma anche altre esperienze: come sono state le relazioni? Quali canali si sono attivati?
Anita Sonego (Presidente CPO): Le donne che in politica non vogliono essere “connotate”, quale sensibilità femminile possono avere? I tavoli volevano essere un tentativo di articolare nuove forme di partecipazione. Temi importanti come il bilancio di genere sono stati sollecitati; abbiamo anche chiamato Antonella Picchio a spiegare di cosa si tratta esattamente in Consiglio comunale. Ma poi la disponibilità iniziale non ha prodotto sviluppi. Riguardo alle difficoltà che si incontrano nel passare ai fatti, vero che c’è differenza fra donne elette e donne cooptate; il fatto che il Sindaco componga la squadra degli assessori a propria esclusiva scelta (meccanismo temibile che ora Renzi vorrebbe portare addirittura a livello nazionale) causa inevitabilmente fenomeni di sudditanza. Esiste una sorta di autocensura che, di fronte alla necessità di una critica politica (e perciò pubblica) nei confronti di carenze o addirittura del maschilismo del loro schieramento, induce nelle donne elette (anche in liste di 'centrosinistra' o comunque democratiche) un immediato sentimento di 'protezione'. Si tende in effetti a schierarsi dalla parte che a ragione o, più spesso, a torto, si considera "propria", e in ciò fatica a prendere piede il riconoscimento di genere schiacciato da quello di partitoquesto della misura e della scelta di 'fedeltà' a se stesse e alla propria storia e ad una 'scelta di campo' è un problema irrisolto. Qual é il limite tra necessità di agire un conflitto ed esigenza di non dare esca all'opposizione?
Maria Grazia CampariHo fatto parte del tavolo "Lavoro" che si è lungamente occupato del bilancio di genere, poi neppure sfiorato dalla Giunta Pisapia malgrado l'impegno contenuto nel capitolo del suo programma elettorale. Era denominato pomposamente "la città delle Donne" ma di quella parte di promesse nulla è stato attuato. Le donne in Consiglio sono poche e non sono lì perché scelte dalle donne, e tantomeno dalle femministe, e la “legge del Sindaco” impedisce qualunque rapporto vero fra le donne assessore e le donne. Già era stata fatta questa esperienza a Bologna, con Cofferati. Da noi le donne assessore hanno messo del loro nell’accettare quel ruolo subalterno, che si radicava nel deserto di una cultura ventennale di amministrazioni di destra.
Fra le Assessore è stato apprezzato l’operato autonomo e partecipativo di Lucia Castellano, che – prima di dimettersi per assumere nuovo incarico in Regione -  ha sollecitato e ottenuto l’istituzione dellaCasa delle DonneMa nel complesso pesano di più le distanze fra le rappresentanti femminili nelle istituzioni e la cittadinanza femminile: le donne assessore non sono vissute come vicine alle donne,  si sono viste innovazioni capaci di avvicinare le donne alla politica.
Lea Melandri osserva: il sistema politico è costruito da uomini che hanno fatto finta che la famiglia non esistesse, e con essa tutte le esigenze del vivere quotidiano, ignorando in toto le implicazioni del rapporto fra i sessi che investono tutto; ma a questo modello si adattano in genere anche le politiche. Le donne in politica parlano un linguaggio “neutro” (che appare omologato), come se tutto ciò non riuscissero a mettere a fuoco. Quel sistema va interrogato mettendo a tema la divisione dei ruoli.
Rosella Blumetti e Fabrizia Boiardi (facendo riferimento alle rispettive esperienze come assessore, a Corsico e a Castell’Arquato) sottolineano i problemi che le donne in politica incontrano sui tempi e in relazione al voler affrontare le questioni in vista di soluzioni reali. Blumetti lamenta la tremenda difficoltà di corrispondere alle aspettative delle donne che l’hanno eletta dovendo lavorare fra immani ostacoli (economici ma anche di resistenze maschili) che da “fuori” è difficile comprendere pienamente. Il lavoro politico risulta così, per le donne, estremamente più oneroso. Prima causa il suo svolgimento in orari incompatibili con la famiglia ma anche che vengono dilatati in riunioni interminabili in cui i colleghi maschi, liberi da responsabilità familiari scaricate sulle mogli, a volte si esibiscono in lunghissimi discorsi togliendo tempo alla definizione di decisioni.
Laura CimaLe disfunzioni della struttura al maschile vengono fatte pagare a noi, dunque va ripensataE bisogna agire sui meccanismi della cooptazione: perché – per ovvie ragioni - una donna eletta è più libera e ha molto più potere di una che è stata cooptata.
Paola RedaelliE’ appunto facoltà del Sindaco cambiare le regole, ad esempio intervenendo sui tempi per favorire la conciliazione. E per inciso propone di sollecitare, per i neoeletti, corsi di alfabetizzazione burocratico-amministrativa. Quel piccolo impegno farebbe risparmiare poi moltissimo tempo e fiumi di denaro che vanno sprecati per incompetenza e in tantissimi errori. Altro problema sollevato da Rosella Blumetti è la mancanza, negli ambiti della politica, del più basilare rispetto che invece viene riconosciuto reciprocamente fra maschi: Bisogna fare i conti con comportamenti sessisti che legittimano tacitamente anche episodi inaccettabili.

Riemerge sempre la questione del metodo: ci diciamo che quello che vediamo universalmente applicato in politica “non funziona”, ma questo è solo il punto di vista di chi dalla politica malsana viene vessato. Per chi ne trae giovamento “quel metodo” va salvaguardato e perpetuato perché funziona benissimo: garantisce il perpetuarsi di condizioni a sostegno di interessi privati e non trasparenti, alimentando clientele e tutelando da verifiche

Le donne potrebbero tentare di promuovere nuove pratiche volte a sostituire meccanismi paralizzanti e antidemocratici con metodi completamente diversi (vedi l’esempio dato da ex-ministra Idemprontamente tolto di mezzo). Il tutto ponendo all'attenzione quella complessità che per nulla interessa alla politica maschile, e che sola può inchiodare all'evidenza di certe urgenze - in primis quella ambientale - e al fatto che le "problematiche di genere" non sono un tema a se stante, ma rappresentano la misura della qualità della politica stessa.

Chiudiamo questo report con un problema posto all’inizio dell’incontro (da Antonella Coccia): “Come effettuare la critica che si propone questo progetto? E come rendere pubblica, ma con modalità nuove, l’analisi critica che ne uscirà?”


Dall'incontro pubblico tenutosi presso la Casa delle Donne di Milano12 febbraio 2014

1 commento:

  1. fa piacere scoprire, grazie a questo post, che i problema di partecipazione di donne muslim era stato posto, dalle donne di Milano a nostro sindaco. Meglio tardi che mai, ma facciamo presto, intanto vi informo: http://www.lettera22.it/showart.php?id=12851&rubrica=6

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