Lo sport italiano può e deve
rinnovarsi: è questo l’auspicio con cui accolgo la notizia dell’elezione di
Giovanni Malagò a nuovo presidente del Coni. Lui ha promesso di portare
rinnovamento all’interno del sistema sportivo italiano. In un paese che
vanta il primato europeo (per nulla onorevole) dell’obesità infantile
(il sovrappeso infantile in Lombardia è al 30%!) appare sempre più urgente
porre attenzione allo sport di base e all’associazionismo sportivo creando
reali strumenti che ne sostengano l'utilità sociale. È indispensabile anche
parlare seriamente della missione del CONI e del lavoro che dovrà svolgere con
il futuro Ministro dello Sport per l'inserimento strutturale dell' educazione
motoria nella scuola primaria e dell'infanzia.
Spero
che la presidenza Malagò sappia interagire efficacemente con le Regioni,
Lombardia in primis, affinché insieme alle strutture regionali del CONI si
possano mettere in atto politiche moderne ed europee. Per me questo significa
sostenere alcune priorità (che ho descritto nei miei 10 punti per lo Sport):
punto primo, valorizzare le infrastrutture sportive dei territori, per
avvicinare lo sport alle persone e non promuovere solo lo sport di eccellenza.
Secondo, portare in Regioni e Comuni un’idea di sport "a km
0", che sposi le politiche ambientali e la tutela del
territorio. Terzo, non siamo in un periodo in cui possiamo permetterci di
dissipare denaro: vanno pertanto stabiliti nuovi protocolli di lavoro e
partnership, snelli e trasparenti, per dare allo sport pieno
diritto di cittadinanza.
E
poi c’è una questione fondamentale, che per me non è un punto come gli altri ma
li comprende tutti modificando l’intera visione delle politiche per lo sport:
il rinnovamento dello sport italiano non può che cominciare dalla piena
inclusione e valorizzazione delle donne, fino ad oggi gravemente escluse dalle
posizioni di management e dirigenza, oltre che penalizzate nella pratica
dilettantistica e agonistica. Nella storia della Repubblica italiana non
abbiamo mai avuto una presidente del CONI donna. Su 45 presiedenti di
Federazioni Sportive, solo una è donna, e nella stragrande maggioranza dei casi,
nonostante sia prevista un'equa rappresentanza di genere nei consigli federali
(i CDA delle Federazioni) i rappresentanti atleti sono solo maschi. Infine, in
Italia, vige ancora un’assurda discriminazione a danno delle atlete che sono
considerate tutte dilettanti, anche quando sono professioniste a tutti gli
effetti. Il che impedisce loro di accedere alle tutele previste dalla legge 91
del 1981 che regola lo sport professionistico e che contempla solo sei
discipline, tutte maschili.
A Malagò dico allora che se
intende davvero rinnovare lo sport italiano, non potrà non contare sulle
donne. Noi che lottiamo per la democrazia paritaria, a tutti i livelli
decisionali, ce ne aspettiamo molte, competenti e serie, ai vertici del nuovo
sistema sportivo italiano. Poi – l'assist è troppo buono per non dirlo –
servono più donne anche nelle istituzioni che governano lo sport. A Milano ce
n'è una, preparata e appassionata, che si chiama Chiara Bisconti e che sta
costruendo l'idea di sport in cui credo anch'io profondamente: uno stile di
vita, uno strumento di salute e coesione sociale. Anche questa è una
rivoluzione che possono e devono fare le donne.
Nel mondo dello sport il vero rinnovamento avrà tempi lunghissimi: il presidente, i suoi vice e il segretario sono uomini e nella nuova giunta, se non mi sbaglio, solo due donne, in rappresentanza degli atleti. Siamo alle solite: le donne fanno (abbiamo visto quanti ori e quante soddisfazioni ci regalano le atlete)e gli uomini occupano i posti di poteri. La battaglia sarà durissima: regalateci almeno anche alla Regione Lombardia una assessora!
RispondiEliminacarissima Luisa, condivido e aggiungo: il rinnovamento DELL'ITALIA non può che cominciare dalla piena inclusione e valorizzazione delle donne
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